Sanzioni a chi non concede i congedi ai neo padri.

Sulla base delle regole comunitarie, l’ordinamento si arricchisce di nuovi precetti sanzionatori in materia di congedi parentali. L’analisi è contenuta nella nota 2414/2022 dell’Ispettorato nazionale del lavoro che fa il punto sulle novità introdotte dal Dlgs 105/2022, che a sua volta recepisce la direttiva Ue 2019/1158.

Il nuovo articolo 27-bis del Dlgs 151/2001 prevede il congedo di paternità obbligatorio, riconosciuto al padre lavoratore dipendente per un periodo di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo) e con corresponsione di una indennità giornaliera pari al 100% della retribuzione, ma non è frazionabile a ore. Salvo previsioni di miglior favore da parte del Ccnl applicato, il congedo va richiesto in forma scritta al datore di lavoro con un preavviso non minore di cinque giorni.

Ai casi di rifiuto, opposizione od ostacolo all’esercizio dei diritti di assenza dal lavoro si applica la nuova sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro oltre al possibile impedimento al datore di lavoro del conseguimento delle certificazioni per la parità di genere. Secondo l’Inl non può ritenersi di ostacolo la richiesta datoriale di fruire del congedo in tempi compatibili con il preavviso di cinque giorni stabilito dal legislatore, salvo l’eventuale parto anticipato.

Spetta anche un congedo di paternità alternativo alla madre nelle situazioni particolarmente gravi e il rifiuto, l’opposizione o l’ostacolo da parte del datore è punito con la sanzione penale dell’arresto fino a sei mesi e il mancato conseguimento della parità di genere.

Si estende il divieto di licenziamento ai papà fino al compimento di un anno di età del bambino, pena la nullità del licenziamento e la sanzione amministrativa da 1.032 a 2.582 euro. La violazione del diritto del lavoratore al rientro e alla conservazione del posto di lavoro è sanzionata da 1.032 a 2.582 euro.

Scatta la sanzione amministrativa da 516 a 2.582 euro nei casi di inosservanza dei riposi giornalieri per madre e padre (compresi i parti plurimi) nonché dei riposi per figli portatori di handicap.

In tema di regime transitorio, la nota dell’Inl precisa che le tutele previste rispettivamente dall’articolo 54, comma 7 (divieto di licenziamento) e dall’articolo 55, comma 2 (indennità di mancato preavviso in caso di dimissioni) trovino applicazione anche nei casi in cui la nascita sia avvenuta prima del 13 agosto 2022 (data di entrata in vigore del Dlgs 105/2022).

Ai lavoratori che siano parte delle unioni civili e delle convivenze di fatto spetta il diritto alla trasformazione del contratto di lavoro dipendente da tempo pieno a tempo parziale, in particolare in caso di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti l’altra parte dell’unione civile o il convivente di fatto, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso di assistenza a persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, con connotazione di gravità in base all’articolo 3, comma 3, della legge 104/1992, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Nei casi di rifiuto, opposizione e ostacolo alla trasformazione del contratto, sarà impedita al datore di lavoro la certificazione della parità di genere.

Infine, sulla base di un principio di contemperazione degli interessi, va chiarito se possa o meno costituire un ostacolo la richiesta, adeguatamente motivata da parte del datore di lavoro, di fruire del congedo in tempi compatibili con la possibilità di funzionamento dell’impresa, qualora l’assenza specifica impedisca lo svolgimento ordinario dell’attività.

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