25 Lug Regime impatriati: perché tirocinanti e stagisti sono esclusi dalle agevolazioni.
Attraverso la risposta a interpello n 152/E/2024, l’Agenzia delle Entrate ha fornito rilevanti chiarimenti in materia di agevolazione fiscale per lavoratori impatriati di cui all’art. 16 del D.Lgs. 147 del 2015 (norma pro tempore vigente) in relazione allo svolgimento di un’attività lavorativa in Italia da parte di soggetti che vi trasferiscono la residenza fiscale.
Pur basandosi sulla fattispecie soggettiva del contribuente, il documento di prassi si presta a riflessioni più ampie, considerando che il trasferimento in Italia determinato dallo svolgimento di un periodo definito come “di studio o addestramento professionale (tirocinio e/o stage)” – che non rappresentano attività lavorativa – non si relazionerebbe con l’inizio di una attività lavorativa vera e propria e ciò, nell’ottica dell’Agenzia delle Entrate, farebbe venir meno la possibilità di applicare l’agevolazione fiscale per lavoratori impatriati.
Il quesito proposto dal contribuente
L’interpellante è un cittadino italiano che si è qualificato soggetto fiscalmente residente all’estero fino all’agosto 2023 e che si è trasferito in Italia per l’iscrizione ad un master universitario in Italia da settembre 2023 ad aprile 2024, a seguito del quale ha completato il percorso formativo svolgendo un tirocinio di tre mesi presso un’azienda italiana e ricevendo un’indennità di partecipazione a carico del soggetto ospitante di importo pari ad euro 2.500 lordi mensili. Il contribuente ha precisato inoltre che tale tirocinio non costituisce rapporti di lavoro, bensì costituisce un periodo di formazione e orientamento al lavoro in cui l’azienda ospitante accoglie il soggetto per fini formativi.
In merito all’opportunità di applicare al reddito in oggetto l’agevolazione fiscale destinata ai lavoratori impatriati, l’Agenzia delle Entrate richiama come nella precedente circolare n. 17/E del 2017 si chiarisse come l’accesso al beneficio fiscale fosse legato ad un nesso di collegamento tra il trasferimento della residenza in Italia e l’inizio dello svolgimento dell’attività lavorativa.
Inoltre, l’Amministrazione ricorda che nella circolare n. 33/E del 2020 si prevedesse la possibilità di applicare l’agevolazione agli ulteriori redditi derivanti da attività lavorative intraprese in periodi di imposta successivi al rientro, in presenza del collegamento sopra richiamato.
La risposta delle Entrate
Sulle scorte dei precedenti documenti di prassi sopra citati, l’Agenzia delle Entrate conclude che siano da ritenersi escluse dall’agevolazione, le somme che non sono corrisposte a fronte della prestazione di una ”attività lavorativa” svolta nel territorio dello Stato da parte del percipiente quali, ad esempio, le borse di studio corrisposte ai fini di studio o di addestramento professionale che non derivano da un rapporto di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante. Ciò trova motivazione nel fatto che tali somme, seppur fiscalmente assimilate al reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’
art. 50 del TUIR, sono derivanti dallo svolgimento di attività formative e non dallo svolgimento di un’attività lavorativa.
In primis la posizione espressa è certamente di rilievo per i contribuenti che si trasferiscono in Italia con l’intento di completare il percorso accademico trami studi post-universitari e solo successivamente intraprende una carriera professionale attraverso la costituzione di un rapporto di lavoro dipendente.
Il principale rilievo non attiene tanto all’applicabilità dell’agevolazione fiscale su un reddito che per sua natura non è destinato a generare un imponibile fiscale particolarmente significativo, quanto piuttosto a determinare l’inapplicabilità dell’agevolazione stessa, sulla base del postulato tale per cui il trasferimento della residenza fiscale in Italia debba essere “occasionato” dall’inizio dell’attività lavorativa nel Paese.
Se infatti il trasferimento in Italia è determinato dallo svolgimento di un tirocinio – anche di breve durata – a completamento di un percorso formativo post universitario, la successiva e ipoteticamente immediata stabilizzazione del contribuente in Italia a valle dell’inizio di un rapporto di lavoro dipendente non andrebbe a definire alcun nesso causale del trasferimento stesso, ancorché i redditi ricevuti nel periodo di tirocinio sarebbero considerati redditi assimilati a quello di lavoro dipendente ai fini fiscali, con la conseguenza che il regime agevolativo non troverebbe applicazione.
Ciò paradossalmente potrebbe spingere gli studenti universitari che si affacciano al mercato del lavoro per il tramite di master e percorsi formativi caratterizzati dell’inserimento nei contesti aziendali per il completamento della formazione accademica a respingere tale opzione, privando le società italiane dell’accesso ad una porzione del mercato del lavoro caratterizzato da intrinseche competenze e potenzialità.
Considerazioni conclusive
La recente risposta dell’Agenzia delle Entrate enfatizza nuovamente il tema della presunzione – nell’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria – che l’accesso all’agevolazione fiscale per i lavoratori impatriati sia subordinata all’esistenza del nesso di collegamento trasferimento-inizio dell’attività italiana, quando invece il testo normativo non prescrive né tale fattispecie né alcun periodo temporale minimo che debba intercorrere tra la data di trasferimento in Italia e l’inizio dell’attività lavorativa; neppure richiede una disamina dei motivi soggettivi che avrebbero indotto il contribuente a trasferirsi in Italia. Conseguentemente tale interpretazione non può che declinarsi attraverso valutazione caso per caso, condizionate dalla soggettività di ciascun contribuente, quando invece la materia tributaria dovrebbe essere quanto più possibile ancorata a requisiti certi e prevedibili.
A valle di tale incertezza, si rileva il sorgere di un discordante trend giurisprudenziale, di cui si segnala da un lato la sentenza n. 2587 del 10 luglio 2023 emessa dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado Milano che ha ritenuto congruo il decorso di un periodo di un breve periodo di assestamento trascorso in Italia, e da un altro in senso opposto la sentenza n. 335 del 1° febbraio 2024 emessa dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado Lombardia, che ha però sottolineato come tale “collegamento” non debba essere intesa come nesso funzionale, bensì come mero elemento strutturale di carattere temporale, che nel caso della risposta n. 152 ben si concilierebbe con lo svolgimento di un breve periodo di stage seguito dalla costituzione di un rapporto di lavoro dipendente.
Infine, si nota come la risposta in commento è stata resa dall’Agenzia delle Entrate in merito all’agevolazione fiscale per lavoratori impatriati di cui all’art. 16 del D.Lgs. 147 del 2015, agevolazione profondamente rivisitata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/2023. Nelle more della pubblicazione della circolare ministeriale a commento delle rilevanti novità, la presunta necessità della sussistenza del nesso di collegamento sembrerebbe mutuabile al nuovo regime agevolativo 2024.
Tale elemento appare particolarmente incerto anche in relazione all’operatività delle disposizioni di cui al comma 9 del D.Lgs. 209/2023 che garantiscono l’accesso transitorio all’agevolazione previgente in mera dipendenza dall’avvenuta iscrizione anagrafica entro il 31 dicembre 2023, senza alcuna previsione in merito alle motivazioni del trasferimento o alle tempistiche con cui trova inizio l’attività oggetto di agevolazione.
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