Diffida accertativa: il decorso della prescrizione dei crediti parte dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

L’ Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota n. 1959 del 2022, ha chiarito che nell’ambito del provvedimento di diffida accertativa il personale ispettivo dovrà computare tutti i crediti retributivi, certi, liquidi ed esigibili, di cui il lavoratore dipendente è titolare, tenuto conto che il termine di prescrizione quinquennale inizierà a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro. Nel documento di prassi l’INL ha così recepito il nuovo indirizzo giurisprudenziale definito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 26246 del 6 settembre 2022. Quali sono gli effetti del provvedimento di diffida accertativa nei confronti del datore di lavoro?

Per la determinazione degli importi retributivi da inserire nel provvedimento di diffida accertativa, il personale ispettivo dovrà prendere in considerazione tutti i crediti retributivi maturati e non ancora prescritti tenendo presente che, il termine iniziale di decorrenza della prescrizione quinquennale, inizierà a decorrere soltanto dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

E’ quanto afferma la nota dell’Ispettorato nazionale del lavoro n. 1959 del 2022 che, traendo spunto dalla recente sentenza della Corte di Cassazione n. 26246 del 6 settembre 2022, fornisce nuove indicazioni operative al personale ispettivo dell’Agenzia.

Il provvedimento

Introdotta allo scopo di deflazionare il contenzioso giudiziale e garantire così una più rapida soddisfazione degli interessi di natura patrimoniale dei lavoratori, l’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 definisce la diffida accertativa come un accertamento tecnico svolto in sede amministrativa. Il Legislatore, con l’introduzione nell’ordinamento di questo istituto, ha per la prima volta disciplinato un titolo esecutivo di formazione amministrativa per la soddisfazione di un diritto soggettivo privato.

Tale istituto prevede che, qualora il personale ispettivo dell’INL abbia prova che, per inosservanze della disciplina contrattuale, il lavoratore vanti un credito patrimoniale (es. retribuzioni non corrisposte, indennità non riconosciute, TFR non pagato, ecc.), diffidi il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti.

Affinché il personale ispettivo, tuttavia, possa adottare questo provvedimento è necessario che il credito vantato dal lavoratore sia certo nell’an e nel quantum, ovverosia che abbia le seguenti caratteristiche:

– certezza, deve risultare da un documento legalmente idoneo a formare il titolo esecutivo (non assoluta, né massima, ma legale);

– liquidità: espressione del credito in danaro o altra quantità di cose mobili fungibili;

– esigibilità: condizione che si realizza quando il termine per il relativo pagamento sia già scaduto.

La conseguenza è che il personale ispettivo, nella formazione di questo provvedimento, ha una sorta di discrezionalità vincolata in quanto, se il credito vantato dal lavoratore è carente di taluni elementi, il provvedimento può non essere adottato (o addirittura ne è preclusa l’adozione); al contrario qualora dall’accertamento ispettivo emergano tutti gli elementi necessari e sufficienti, la diffida accertativa deve essere adottata.

A questo proposito, la prassi amministrativa ha affermato che occorre considerare la natura della diffida che, nell’ambito delle competenze dell’ispettore del lavoro, non costituisce attività obbligatoria bensì facoltativa da attuare a seguito della valutazione delle situazioni concretamente rilevate (cfr. MLPS nota n. 101/Ris del 15/05/2006; INL nota n. 4623 del 24/05/2018).

Una delle novità introdotte dalla Legge n. 120/2020 è rappresentata dall’estensione delle garanzie a favore del lavoratore creditore. Adesso, difatti, la diffida trova applicazione non soltanto nei confronti del datore di lavoro, ma anche nei confronti dei soggetti che comunque utilizzino le prestazioni di lavoro e che sono considerati solidalmente responsabili per i crediti accertati.

Prescrizione dei crediti di lavoro

In passato, con la nota n. 595 del 23/1/2020, l’Ispettorato nazionale del lavoro aveva affermato che, per l’adozione di questo provvedimento, il personale ispettivo avrebbe dovuto tener conto soltanto dei crediti da lavoro oggettivamente non prescritti nel termine quinquennale decorrente dal momento in cui il diritto poteva essere fatto valere.

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 26246 del 6 settembre 2022 ha, tuttavia, parzialmente modificato lo scenario di riferimento. Difatti, secondo gli Ermellini, per effetto degli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n. 23/2015, la tutela reintegratoria, ha ormai acquisito un carattere recessivo e residuale tale da determinare, inevitabilmente, un timore del dipendente nei confronti del datore di lavoro per la sorte del rapporto ove egli intenda far valere un proprio credito nel corso dello stesso. Per tale ragione, la Suprema Corte ha sancito che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della Legge n. 92/2012 e del D.Lgs. n. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., a partire dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

Traendo spunto da questa rilevante decisione, l’INL per mezzo della nota n. 1959 del 30 settembre 2022, revisionando le precedenti determinazioni, ha recepito il nuovo indirizzo giurisprudenziale affermando così che adesso il personale ispettivo dovrà computare – nell’ambito del provvedimento di diffida accertativa – tutti i crediti retributivi (certi, liquidi ed esigibili) di cui il lavoratore dipendente è titolare tenuto conto che il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale inizierà a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Fanno eccezione a tale principio i rapporti di pubblico impiego nei quali, in virtù delle maggiori tutele previste a favore del lavoratore e dell’effettiva stabilità del rapporto di lavoro garantita dalla vigente disciplina, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro inizierà a decorrere in costanza di rapporto dal momento in cui il diritto stesso può esser azionato.

In ogni caso, Il personale ispettivo dovrà tenere in debito conto gli atti interruttivi eventualmente posti in essere e documentati dal lavoratore ai sensi dell’art. 1219 c.c.

Effetti del provvedimento

Una volta notificato ritualmente il provvedimento, il datore di lavoro (o alternativamente l’obbligato in solido) ha l’obbligo di pagare la somma ivi indicata, direttamente a favore del lavoratore, nel termine di trenta giorni.

Qualora, tuttavia, il datore di lavoro diffidato (e/o l’obbligato in solido) non ritenga di dover adempiere (in tutto o in parte) al provvedimento, ha facoltà di promuovere, nel termine perentorio di trenta giorni dalla notifica, un tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato del lavoro territorialmente competente. In considerazione delle caratteristiche e delle finalità dell’istituto, la conciliazione va effettuata secondo le modalità procedurali previste dall’art. 11, del D.Lgs. 124/2004 (conciliazione monocratica).

L’eventuale accordo raggiunto in detta sede ha come conseguenza la perdita di efficacia della diffida accertativa, con la conseguenza che le rinunzie e le transazioni economiche risultanti a verbale sono inoppugnabili ai sensi dell’art. 2113, co. 4, c.c. ed il verbale di accordo, su istanza della parte interessata, diviene esecutivo con decreto del giudice competente, come previsto, in via generale, per tutte le conciliazioni monocratiche, dal co. 3 bis dell’art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004.

Un’altra importante novità introdotta dalla Legge n. 120/2020 è rappresentata dalla possibilità, per i destinatari del provvedimento in questione, di promuovere – entro trenta giorni dalla notifica ed in alternativa alla richiesta di conciliazione monocratica – un ricorso al direttore dell’Ispettorato territoriale che ha adottato l’atto. Il ricorso, da notificare anche al lavoratore, sospende l’esecutività della diffida ed è deciso nel termine di sessanta giorni dalla presentazione.

La diffida acquista automaticamente efficacia di titolo esecutivo, senza alcun ulteriore provvedimento da parte del dirigente di sede o da parte dell’ufficio, in presenza delle seguenti circostanze:

– trascorsi 30 giorni dalla notifica, salvo che non sia promosso un tentativo di conciliazione o sia presentato ricorso al direttore dell’ufficio che ha adottato l’atto;

– in caso di mancato raggiungimento di un accordo in sede conciliativa, attestato da apposito verbale;

– in caso di rigetto del ricorso.

Si rammenta che la diffida accertativa, ancorché abbia acquisito valore di titolo esecutivo, non impedisce, tuttavia, al debitore di promuovere un’azione giudiziale volta a contestare l’accertamento in essa contenuto (cfr. C.Cass. Ordinanza n. 23744 del 29/07/2022).

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