Contratto occasionale in agricoltura: obblighi e sanzioni per i datori di lavoro

Con la circolare n. 102 del 2023 l’INPS ha fornito “le prime indicazioni” amministrative sul lavoro occasionale in agricoltura (LOAgri), previsto in maniera non strutturale, unicamente per il biennio 2023-2024, a seguito delle previsioni contenute nei commi da 342 a 354, dell’art. 1 della legge n. 197/2022.

Appare singolare osservare la “velocità” dei chiarimenti intervenuti dopo che è trascorso un anno dalla entrata in vigore della disposizione e dopo che, in questo anno, qualcuno avrà pur utilizzato tale tipologia.

I lavori occasionali sono quelli riferibili alle mansioni previste nei contratti collettivi di settore sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e possono riguardare anche lavorazioni connesse che si svolgono in determinati periodi dell’anno come, ad esempio, la molitura delle olive o la vinificazione.

I chiarimenti dell’INPS

La nota dell’Istituto precisa, in via preliminare, che da un punto di vista contributivo non sono applicabili le disposizioni riguardanti le agevolazioni sia per il datore che per il lavoratore: ciò in quanto queste ultime hanno l’obiettivo di incentivare i rapporti di lavoro stabile, cosa incompatibile con le prestazioni occasionali. La circolare n. 102/2023, seguendo, pressoché pedissequamente, l’articolato normativo, dopo aver ricordato che la durata massima prevista è di 45 giorni lavorativi in un arco contrattuale non superiore a 12 mesi nel periodo compreso tra gennaio ed il mese di dicembre di ognuno dei due anni interessati, elenca i lavoratori che sono, potenzialmente, interessati alle prestazioni.

Essi sono i:

a) disoccupati che hanno presentato dichiarazione di disponibilità al lavoro ex art. 19 del D.L.vo n. 150/2015;

b) percettori di NASPI o di DIS-COLL, titolari di reddito di cittadinanza o di assegno di inclusione;

c) percettori di indennità derivante da ammortizzatori sociali ordinari e straordinari, ivi compresi quelli dei Fondi Bilaterali e del FIS che comportano una sospensione o una riduzione di orario, di mobilità in deroga e percettori della indennità straordinaria di continuità territoriale ed operativa (ISCRO);

d) pensionati di vecchiaia, di anzianità o anticipata: l’accesso è precluso ai titolari di pensione ai superstiti, di inabilità e di assegni ordinari di invalidità ex lege n. 222/1984;

a) giovani “under 25” iscritti ad un ciclo scolastico di ogni ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, o, in qualunque periodo dell’anno, se studenti universitari;

b) detenuti o internati, ammessi al lavoro esterno ex art. 21 della legge n. 354/1975, nonché soggetti in semilibertà provenienti dalla detenzione o internati in semilibertà.

Il Legislatore, e la circolare lo ribadisce, chiede un altro requisito soggettivo: tutti i soggetti potenzialmente interessati alle prestazioni occasionali non debbono aver avuto, ad eccezione dei pensionati, nei tre anni antecedenti l’inizio delle stesse, un rapporto a tempo determinato od indeterminato come operai in agricoltura: si tratta di una disposizione di salvaguardia che ha lo scopo di non destrutturare gli usuali rapporti del mondo agricolo.

Obblighi per i datori di lavoro agricolo

A tal proposito il comma 345, impone ai datori di lavoro agricolo (che sono quelli iscritti, come tali, alle specifiche Gestioni previdenziali dell’INPS) l’obbligo di acquisire una autocertificazione (possibilmente, ex D.P.R. n. 445/2000) dai singoli interessati riguardante la propria condizione soggettiva, mentre sull’INPS ricade l’onere di sottrarre dalla eventuale contribuzione figurativa riguardante lo stato di disoccupazione o le misure di sostegno del reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro occasionale.

Ma, dopo tali adempimenti, cosa deve fare sotto l’aspetto amministrativo, per poter utilizzare il lavoratore con tale tipologia contrattuale che non può, in alcun modo, riguardare mansioni impiegatizie pur previste dalla normativa contrattuale?

Deve effettuare, in via preventiva, la comunicazione al centro per l’impiego ex art. 9-bis del 

D.L. n. 510/1996, così come avviene per quelle relative a tutti i rapporti di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa: i 45 giorni, intesi come durata massima, si calcolano indicando le giornate presunte di effettivo lavoro all’interno di un contratto che può avere una durata massima di 12 mesi. Si tratta, quindi, di un contratto aperto (ad esempio, dal 1° gennaio al 31 dicembre all’interno del quale vanno indicate le giornate presunte di lavoro sostanzialmente correlate ad attività stagionali agricole). Sul punto, sarà opportuno attendere chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro o dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, relative alla criticità che si rinviene in tale sistema ed alla necessità di comunicare le eventuali giornate di lavoro che possono essere, senz’altro, diverse da quelle presunte (si pensi, ad esempio, alle attività lavorative strettamente correlate ad eventi meteorologici). Il limite dei 45 giorni è stato inserito, volutamente: esso è inferiore alle 51 giornate che, in agricoltura, fanno scattare alcune prestazioni previdenziali ed assistenziali.

L’obbligo di informativa nei confronti del lavoratore si intende assolto con la consegna della copia della comunicazione di assunzione, così come recita il comma 351: tale disposizione appare una deroga legale ai principi fissati dal D.L.vo n. 124/2022.

Il comma 347 afferma un divieto ben chiaro: i datori di lavoro del settore agricolo che non applicano in contratti collettivi nazionali e provinciali (molto importanti nel settore) sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale non possono essere soggetti stipulanti di tale tipologia contrattuale. Da tale principio la circolare n. 102 fa scaturire una sorta di “blocco” nei confronti delle Agenzie di Lavoro: siccome alle stesse, in qualità di datori di lavoro, non si applicano i contratti collettivi del settore agricolo, è vietata l’assunzione di operai agricoli a tempo determinato per lavori occasionali (“OTDO”) da somministrare alle aziende utilizzatrici.

Su questo punto, sia pure per una questione diversa, è intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota n. 1002/2023 affermando che non è possibile utilizzare per prestazioni di lavoro occasionale, un lavoratore che, nei tre anni antecedenti ha avuto un rapporto di lavoro nel settore agricolo come operaio, attraverso una agenzia di somministrazione. Tale interpretazione è, comunque, in linea con la previsione normativa e lascerebbe, comunque, aperta la strada della somministrazione (chiusa dall’INPS) per chi non ha mai avuto un rapporto nel settore come operaio.

Il superamento del limite massimo di 45 giorni o la presenza di altre condizioni ostative di natura soggettiva, indurranno, gli ispettori del lavoro, a ricondurre il rapporto a contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Determinazione del compenso del lavoratore agricolo

Ma, quale è la retribuzione del lavoratore agricolo occasionale e come viene corrisposta?

Il compenso, recita il comma 348, viene erogato sulla base delle tariffe retributive stabilite sia dal CCNL che da quello provinciale sottoscritti dalle organizzazioni agricole “leaders” a livello nazionale con le modalità indicate dai commi da 910 a 913 dell’art. 1 della legge n. 205/2017 che sono quelle della tracciabilità attraverso bonifici sul conto corrente bancario o postale indicato dal lavoratore, assegno circolare o bancario consegnato direttamente all’interessato o, in caso di comprovato impedimento, a un suo delegato (che può essere soltanto il coniuge, il convivente o un familiare in linea retta o collaterale, purchè di età non inferiore ai sedici anni), o altro mezzo di pagamento elettronico.

Il compenso (comma 350) può essere erogato anche in via anticipata su base settimanale, quindicinale o mensile. Tali somme sono esenti da IRPEF o da qualsiasi altra imposizione fiscale, non incidono sullo stato di disoccupato od inoccupato entro il limite delle 45 giornate prestate nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre e sono cumulabili con il trattamento pensionistico (comma 349). La contribuzione versata dalle parti è utile ai fini di eventuali successive prestazioni previdenziali ed assistenziali, nonché per quelle di disoccupazione anche agricola, e per i cittadini extra comunitari è computabile ai fini reddituali per il rilascio od il rinnovo del permesso di soggiorno.

I lavoratori occasionali agricoli vanno riportati sul Libro Unico del Lavoro (LUL) anche in un’unica soluzione alla scadenza del rapporto di lavoro.

Il comma 352 si occupa della contribuzione unificata previdenziale e assistenziale agricola, che comprende anche quella contrattuale: essa va versata all’Istituto entro il giorno 16 del mese successivo al termine della prestazione, secondo modalità stabilite di comune accordo tra INPS ed INAIL in base ad una aliquota, sui compensi che sono stati erogati, determinata ex art. 1, comma 45, della legge n. 220/2010 per i territori svantaggiati. La circolare n. 102 afferma che il datore di lavoro effettua all’INPS il versamento della contribuzione unificata previdenziale ed assistenziale agricola, comprensiva di quella contrattuale dovuta sui compensi erogati. Essa fornisce, al punto 6.2 ed al punto 6.3, specifiche indicazioni relative sia agli obblighi dichiarativi e contributivi che al calcolo contributivo.

Superamento del limite dei 45 giorni: le sanzioni

Ma, cosa succede se il limite dei 45 giorni complessivi nell’anno civile viene superato?

La risposta la fornisce il comma 354 il quale afferma che il rapporto si trasforma ex lege a tempo indeterminato. Accanto a tale previsione sono previste sanzioni amministrative specifiche:

a) in caso di violazione dell’obbligo di comunicazione telematica preventiva al centro per l’impiego;

b) in caso di utilizzazione di lavoratori diversi da quelli comunicati (qui potrebbero scattare anche sanzioni sul “nero”).

Ebbene, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, non diffidabile, pari ad una somma compresa tra 500 e 2.500 euro per ogni giornata di violazione, fatto salvo il caso che la violazione della comunicazione al centro per l’impiego non derivi da informazioni incomplete o non veritiere contenute nella autocertificazione.

L’articolato sul lavoro autonomo occasionale in agricoltura prevede anche un monitoraggio da realizzare mediante una banca dati informativa ove andranno verificati gli andamenti delle prestazioni previdenziali che le entrate contributive correlate. Tale monitoraggio, da realizzare attraverso una convenzione tra il Dicastero del Lavoro e l’INPS, dovrebbe essere uno strumento utile per la formulazione di proposte per eventuali adeguamenti normativi.

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