Cessione ramo d’azienda illecita, danni pregressi solo con la messa in mora.

Con le sentenze 5788 e 5796 del 24 febbraio scorso la Cassazione torna a pronunciarsi, con un’importante novità, sulla questione del trattamento economico del lavoratore in caso di illegittimità del trasferimento di ramo d’azienda. Secondo la Corte, fino alla pubblicazione della decisione che dichiara illegittima la cessione e ordina il ripristino del rapporto di lavoro con il cedente, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno (detratto l’eventuale aliunde perceptum) solo se ha costituito in mora il datore in base all’articolo 1217 del Codice civile, offrendogli la prestazione lavorativa che è stata ingiustificatamente rifiutata. Pertanto, nei casi scrutinati dalle sentenze in esame, la Cassazione, rilevato che l’offerta della prestazione era stata successiva alla pronuncia di illegittimità della cessione del ramo di azienda, ha respinto la domanda dei lavoratori.

L’orientamento in esame costituisce uno sviluppo di quello – consolidatosi dopo le sentenze 2990/2018 delle Sezioni Unite e 29/2019 della Corte costituzionale – secondo cui, a seguito della decisione che dichiara illegittima la cessione del ramo e dell’ordine del giudice di ripristinare il rapporto di lavoro con il datore cedente, quest’ultimo è obbligato a riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli le retribuzioni, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva.

Già le Sezioni Unite avevano tenuto distinto il precedente arco temporale tra la cessione e l’accertamento giudiziale della sua illegittimità, affermando che la mancanza della prestazione lavorativa esclude il diritto alla retribuzione, ma determina a carico del datore, che ne è responsabile, l’obbligo di risarcire i danni, eventualmente commisurati alle retribuzioni non corrisposte.

In relazione a tale periodo, si era registrato nella giurisprudenza di merito un orientamento che riconosceva il diritto al risarcimento del danno indipendentemente dalla messa in mora. Secondo le ultime sentenze della Cassazione, invece, il lavoratore ceduto può agire per il risarcimento del danno sempre che abbia preventivamente provveduto a costituire in mora il datore, con la messa a disposizione delle energie lavorative o mediante intimazione di ricevere la prestazione, in modo da rendere ingiustificato il rifiuto del cedente e suscettibile di risarcimento l’eventuale danno patito. Altrimenti si creerebbe un’ingiustificata aporia per cui il ceduto avrebbe diritto al risarcimento del danno per il periodo antecedente la decisione sull’illegittimità della cessione a prescindere dalla messa a disposizione delle sue energie lavorative, mentre dopo la declaratoria di illegittimità del trasferimento potrebbe ottenere il pagamento delle retribuzioni maturate solo qualora abbia costituito in mora il cedente.

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